Luoghi terremotati della bassa modenese

Anno 2012
Un reportage fatto di frammenti per raccontare quanto il terremoto in Emilia ha frammentato..

 

da “Magnitudo Emilia”


FOTO DI GRUPPO
“Non è caduto l’epitaffio, si è solo scolorito: colpa del sole, non del terremoto. Gino ci è dovuto andare con la scala per leggerlo. Ci ha messo le dita dentro ad ogni lettera, perché a quei tempi la parola valeva ancora qualche cosa:
Commendatore Antonio Radaelli e di lui figli vollero persistendo il profondo miglioramento di questa azienda agraria. Tenuta di Gruppo da 1932.
I lavoratori di Gruppo 1942.
Vollero persistendo significa bonificare, solcare con buoi, seminare con lanci di braccia, falciare, sperare, sudare, aspettare, scavare.
Vollero persistendo significa lavare, stirare, partorire, allevare, nutrire, cucinare, poco dormire, pregare, sopportare.
Vollero persistendo significa vincere, esultare, combattere e non mollare. Significa scrivere in due parole, sopra la pietra, la vita che si strappa a morsi dalla terra.”


FRATE INDOVINO
“Gli oggetti pendono o stanno in terra alla rinfusa, appesantiti da un velo di polvere. In una vecchia casa da contadini le travi si sono conficcate di fuori come dita affusolate rivolte al cielo. Lo stanno invocando o additando quel cielo che, a spallate, ha sfondato tutto, stanco di non vedere dentro alle cose, dentro alle case, alle chiese, ai campanili, ai municipi, alle scuole. Stanco di sentirsi tagliato fuori dalle vicende umane. Un solo chiodo ha retto in proporzione più della parete che lo sostiene, fissando con rigore un’istituzione della casa: il calendario di Frate Indovino, il quale ha sobbalzato un bel po’ durante la scossa, ma i santi, le lune e i proverbi non si sono scomposti per nulla:
20 maggio festa dell’Ascensione. San Bernardino da Siena.
29 maggio San Massimino Vescovo, Santa Bona Vergine, Beata Gherardesca vedova.
Il gregge unito non teme il lupo.”


SANTA CATERINA
“È una chiesa. Era una chiesa. È un senza tetto; un telo d’altare di polvere; un vagabondare di mattoni; un crollare al centro, nel cuore. Dentro, due segni stanno diritti: l’aquila estense e Sant’Antonio Abate. Sono di terracotta, ma stanno diritti: i nobili e i contadini. L’aquila sopra, Antonio di sotto col suo maiale al fianco: in piedi, immobili fissano ora chi profana il rumore di macerie. Da secoli vegliano e ancora lo fanno, in silenzio. Non hanno urlato nemmeno per il crollo. Vegliano e basta, baluardi della nobil storia contadina.”


WAR GAME
“Ero nell’edificio con i miei compagni di squadra e mi hanno detto di sorvegliare con altri due, perché gli altri erano andati a sparare da un’altra parte. Allora, mentre facevo la guardia, non ho visto uno, che mi ha tirato una bomba dentro alla finestra. Mi sono scansato indietro.
Ho ucciso quello lì e ho visto qualcosa per terra. L’ho “pistolato” ed è esploso. Io però sono sopravvissuto, ma son morti due dei miei. Son rimasto lì da solo. E però con la radio ho chiamato i miei amici e dopo son venuti, eh… Sono sceso, sono andato subito giù dall’edificio. Non c’era più nessuno dei nemici. Ho chiuso tutte le porte. Eravamo in centodue, son morti solo due. È un buon risultato. Comunque mi son poi nascosto dietro a un cumulo di paglia col mio tank T50. Squassava tutto e ho dovuto mettere in pausa. Allora ho scritto una chat che andavo fuori a far delle cose, per non preoccupare gli altri. Quando è finito il terremoto, son tornato in casa. Ho tolto la pausa e m’hanno ucciso. Di solito sono io che li ammazzo tutti”. Salvatore è con sua zia, che ad Aversa, quando era ragazza, ha visto uccidere per davvero due ladri. Lei lavorava in una lavanderia e non sapeva ancora che esistesse il tasto pausa. Il giorno della seconda scossa, quella del 29 maggio, è svenuta in sala per la paura. Nel frattempo, Salvatore ha nascosto il suo carro armato, ha messo in pausa, ha mandato la chat rassicurante, è uscito dal mondo virtuale ed è entrato in quello reale che era già tutto tranquillo: trenta secondi, il tempo di una scossa. La terra aveva smesso di scuotersi e la zia usciva dal suo torpore. “I due morti non sono stati contati nello score finale. Non lo so perché. Abbiamo vinto alla grande”.


UN CUORE NUOVO
“Qui sotto – il proprietario dell’industria indica un mucchio di macerie – ci sono due cuori artificiali. Uno doveva essere spedito a Bologna d’urgenza, per un bambino. Qui invece sono sepolti i materiali per la dialisi”.
Siamo nel comparto del bio-medicale, il più importante in Italia e forse in Europa. Siamo dove il locale è capitale di un mondo globale. Verrebbe da scavare a mani nude per cavar fuori quel cuore, incastrato in un torace di calcinacci.
L’intera sanità pubblica italiana risentirà del blocco della produzione. Non si tratta solo di guadagni mancati, di risorse umane perdute. Si tratta di cuori, di reni e polmoni. Di organi plasmati qui e impiantati altrove.”


ANCHE SUL MUSCHIO
“Anche sul muschio del tronco di tiglio si sono scagliate le pietre del campanile Hanno artigliato il verde per adagiarci un morbido letto Il velluto si screzia con l’unghia La bellezza si strazia col tempo la violenza dell’occhio più teso l’invadenza di una mano sudata E il tiglio oggi indossa una veste di velluto più nero strappata
Di vita impastata da mani di uomo.”

 

Il libro

 

Lo spettacolo teatrale